Relazione ex Legge 10 per Edifici Pubblici

Dopo aver trattato diffusamente di diagnosi energetica, prosegue il ciclo dedicato agli Edifici Pubblici affrontando ora il tema della Legge 10. Quali sono le caratteristiche peculiari della Relazione ex Legge 10 dedicata proprio agli immobili pubblici? Analizziamo le clausole di cedevolezza, le categorie catastali, gli obblighi e le quote per le rinnovabili, i CAM ed i parametri per i decreti Attuativi .

Relazione ex Legge 10 per Edifici Pubblici
Relazione ex Legge 10 per Edifici Pubblici

La Relazione ex Legge 10: un breve ripasso

In un precedente articolo vi abbiamo rinfrescato la memoria sulla Relazione ex L.10 e s.m.i.: quando è obbligatoria, quali sono le sue finalità, la data di introduzione, chi può redigerla, cosa deve contenere obbligatoriamente ed in quali casi non è invece necessaria.
Sottolineiamo che la sigla “s.m.i.” ha un significato fondamentale per comprendere quali (e quante) siano state fino ad oggi le successive modifiche e integrazioni al testo di Legge primigenio, che è tutt’ora un perenne work in progress.

La Relazione ex Legge 10 e le sue modifiche ed integrazioni

Le principali variazioni che hanno modificato ed integrato la L.10/91 sono:

Abbiamo anche visto quali siano le verifiche di Legge 10 più ostiche e come riuscire a superarle grazie a TERMOLOG ed alle sue funzioni avanzate come GAIA, l’intelligenza artificiale sviluppata da Logical Soft per aiutare i progettisti nel redigere le pratiche energetiche.

Le normative Regionali e la “clausola di cedevolezza”

È importante ricordare che in Italia la normativa energetica può essere espressa anche a livello Regionale.
La cosiddetta clausola di cedevolezza ex Art. 17 del Decreto Legislativo 19 Agosto 2005, n. 192 fa infatti riferimento al principio in base al quale le Regioni possono adottare normative proprie. Di conseguenza ogni Regione può dettare disposizioni in materia di efficienza e certificazione energetica degli edifici, purché queste siano almeno equivalenti o più restrittive rispetto alle normative nazionali.
In pratica, la clausola di cedevolezza consente alle Regioni di definire disposizioni specifiche in ambito energetico che si applicano all’interno dei propri confini, pur nel rispetto dei principi generali fissati a livello Nazionale. Questo può portare quindi a differenze nei requisiti e nelle procedure applicabili a livello Regionale, creando una certa eterogeneità normativa.

In sintesi, la clausola di cedevolezza permette alle Regioni di regolamentare aspetti specifici dell’efficienza energetica in modo autonomo, ma sempre nel rispetto dei principi generali nazionali.

Un utile esempio è quello della Regione Emilia-Romagna con la DGR 1261/2022 su requisiti minimi e rinnovabili.
Proprio per avere contezza di tutte le verifiche necessarie abbiamo scritto questo articolo che mostra come redigere l’APE Regione per Regione

Le zone climatiche ed i gradi-giorno ex D.P.R. 412/93.

Per meglio comprendere le prescrizioni circa il risparmio energetico, è opportuno in prima istanza, sapere che, all’Art. 2 del D.P.R. 412/93, il territorio nazionale è suddiviso nelle seguenti sei zone climatiche in funzione dei gradi-giorno, indipendentemente dalla ubicazione geografica:

  1. Zona A: comuni che presentano un numero di gradi-giorno non superiore a 600;
  2. Zona B:  comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 600 e non superiore a 900;
  3. Zona C:  comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 900 e non superiore a 1.400;
  4. Zona D: comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 1.400 e non superiore a 2.100;
  5. Zona E:  comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 2.100 e non superiore a 3.000;
  6. Zona F:  comuni che presentano un numero di gradi-giorno maggiore di 3.000.

Le zone climatiche, vengono infatti richiamate per essere associate al tipo di interventi effettuati sugli edifici ed alla loro classificazione per categorie omogenee, introdotta sempre dal sopra menzionato D.P.R. 412/93.

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La classificazione per categoria ex D.P.R. 412/93.

Premesso peraltro che parlare genericamente di Edifici Pubblici, sia effettivamente una semplificazione eccessiva, è importante in seconda istanza – e dietro idonea visura catastale – associare la categoria catastale dell’immobile alla classificazione generale degli edifici per categoria secondo il D.P.R. 412/93.
In questo modo, sarà possibile comprenderne la destinazione d’uso in maniera puntuale, al fine di adattarvi successivamente, gli eventuali requisiti.

Gli edifici sono infatti classificati all’Art. 3, Comma 1 del D.P.R. 412/93, nelle seguenti categorie:

E.1            Edifici adibiti a residenza e assimilabili:
E.1 (1)      Abitazioni adibite a residenza con carattere continuativo, quali abitazioni civili e rurali, collegi, conventi, case di pena, caserme;
E.1 (2)      Abitazioni adibite a residenza con occupazione saltuaria, quali case per vacanze, fine settimana e simili;
E.1 (3)      Edifici adibiti ad albergo, pensione ed attività similari;

E.2            Edifici adibiti a uffici e assimilabili: pubblici o privati, indipendenti o contigui a costruzioni adibite anche ad attività industriali o artigianali, purché siano da tali costruzioni scorporabili agli effetti dell’isolamento termico;

E.3            Edifici adibiti a ospedali, cliniche o case di cura e assimilabili ivi compresi quelli adibiti a ricovero o cura di minori o anziani nonché le strutture protette per l’assistenza ed il recupero dei tossico-dipendenti e di altri soggetti affidati a servizi sociali pubblici;

E.4            Edifici adibiti ad attività ricreative o di culto e assimilabili:
E.4 (1)      Quali cinema e teatri, sale di riunioni per congressi;
E.4 (2)      Quali mostre, musei e biblioteche, luoghi di culto;
E.4 (3)      Quali bar, ristoranti, sale da ballo;

E.5            Edifici adibiti ad attività commerciali e assimilabili: quali negozi, magazzini di vendita all’ingrosso o al minuto, supermercati, esposizioni;

E.6            Edifici adibiti ad attività sportive:
E.6 (1)      Piscine, saune e assimilabili;
E.6 (2)      Palestre e assimilabili;
E.6 (3)      Servizi di supporto alle attività sportive;

E.7            Edifici adibiti ad attività scolastiche a tutti i livelli e assimilabili;

E.8            Edifici adibiti ad attività industriali ed artigianali e assimilabili.

Inoltre il Comma 2. recita che “Qualora un edificio sia costituito da parti individuali come appartenenti a categorie diverse, le stesse devono essere considerate separatamente e cioè ciascuna nella categoria che le compete“.

L’Art. 5 Comma 15 del D.P.R. 412/93 sul dimensionamento degli impianti ed il ricorso alle fonti rinnovabili

L’Art. 5., il cui titolo è Requisiti e dimensionamento degli impianti termici, recita al Comma 15 che:

Per gli edifici di proprietà pubblica o adibiti ad uso pubblico è fatto obbligo, ai sensi del Comma 7 dell’Art. 26 della Legge 9 Gennaio 1991, n. 10, di soddisfare il fabbisogno energetico favorendo il ricorso a fonti rinnovabili di energia o assimilate ai sensi dell’Art. 1, Comma 3 della Legge 10 stessa, salvo impedimenti di natura tecnica od economica. Per quanto riguarda gli impianti termici, tale obbligo si determina in caso di nuova installazione o di ristrutturazione. Gli eventuali impedimenti di natura tecnica od economica devono essere evidenziati nel progetto e nella relazione tecnica di cui al Comma 1 dell’Art. 28 della Legge stessa relativi all’impianto termico, riportando le specifiche valutazioni che hanno determinato la non applicabilità del ricorso alle fonti rinnovabili o assimilate“.

La Relazione ex Legge 10: il vademecum del CNI

A Ottobre 2016, per aiutare i professionisti a redigere o a verificare le relazioni sui consumi energetici ex L. 10, il CNI ha prodotto un’utile guida in PDF che potrete scaricare qui.

In questi documento compare una dizione estremamente chiara che riguarda proprio gli edifici pubblici:

Nel caso di nuova costruzione o ristrutturazione degli edifici pubblici od ad uso pubblico, le amministrazioni pubbliche si attengono a quanto stabilito dal Decreto Legislativo 19 Agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni. Nel caso di nuova costruzione (compresa la demolizione e ricostruzione) o ristrutturazione rilevante di edifici pubblici o ad uso pubblico, i requisiti previsti dal D.Lgs. 28/2011 in materia di copertura del fabbisogno tramite il ricorso a Fonti Energetiche Rinnovabili, sono incrementati del 10%“.

Relazione ex Legge 10 per Edifici Pubblici: la verifica della Trasmittanza Limite

Tornando alle zone climatiche di cui si è fatta menzione al paragrafo 3, va ricordato che gli elementi dell’involucro (strutture opache verticali, strutture opache orizzontali o inclinate, strutture orizzontali di pavimento, chiusure trasparenti ed opache) hanno sempre dovuto rispettare determinati parametri di Trasmittanza Termica Limite (Ulim).
Tali valori erano stabiliti in funzione dell’intervento eseguito (nuova costruzione o ristrutturazione di 1° o 2° livello o riqualificazione dell’involucro) e della classificazione dell’immobile vista al paragrafo 4.

Modello energetico ai fini della Legge 10 di edifici pubblici e strutture sanitarie – Realizzato con TERMOLOG, dall’ingegner Guido Donato Mozer
Modello energetico ai fini della Legge 10 di edifici pubblici e strutture sanitarie – Realizzato con TERMOLOG, dall’ingegner Guido Donato Mozer

Il Decreto Requisiti Minimi ed i Decreti Attuativi della L.90/2013

Con l’avvento del Decreto Requisiti Minimi (D.M. 26 Giugno 2015), i limiti di prestazione energetica non si sono più basati solamente sulla zona climatica e sul rapporto di forma S/V, ma confrontando l’edificio oggetto di intervento con un edificio di riferimento, identico a quello reale, con caratteristiche termiche ed impiantistiche descritte nell’Appendice A dell’Allegato 1, Capitolo 3 del primo dei Decreti Attuativi della L. 90/2013, intitolato “Applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e definizione delle prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici“. E’ proprio nell’Appendice A che compaiono le nuove Urif (dove il nuovo suffisso significa “di riferimento”) sia per le strutture opache, che per quelle trasparenti dell’involucro edilizio.

Il secondo Decreto Attuativo, è invece intitolato: “Schemi e modalità di riferimento per la compilazione della relazione tecnica di progetto ai fini dell’applicazione delle prescrizioni e dei requisiti minimi di prestazione energetica degli edifici“.

Il terzo ed ultimo Decreto Attuativo, reca infine il titolo: “Adeguamento del decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, 26 Giugno 2009, Linee Guida Nazionali per la Certificazione Energetica degli Edifici“.

Relazione ex Legge 10 per Edifici Pubblici: i parametri limite, applicati in due fasi

I parametri limite disposti dai Decreti Attuativi della L. 90 sono stati applicati in due fasi:

I fase – contrassegnata dall’indicazione (2015): entrati in vigore dal 1° Luglio 2015 con valori limite validi per tutti gli edifici.

II fase – contrassegnata dall’indicazione (2019/21): in vigore dal 1° Gennaio 2019 per gli edifici pubblici o a uso pubblico, così come definiti alle lettere l-sexies e l-septies, del Comma 1, dell’Articolo 2, del Decreto Legislativo, e dal 1° Gennaio 2021 anche per tutti gli altri edifici.

Legge 10 Edifici Pubblici: l’obbligo dei CAM

Il D.M. 11 Gennaio 2017 ha introdotto, per tutte le gare di appalto di edifici pubblici, dei requisiti ambientali obbligatori (i Criteri Ambientali Minimi) che riguardano sia le prestazioni dell’edificio che i materiali di cui esso è costituito.
Per interventi di nuova costruzione, demolizione e ricostruzione, ampliamenti volumetrici (>15%) con nuovo impianto e ristrutturazioni importanti di primo livello per la prestazione energetica viene richiesta almeno la classe A3 di EPgl,nren.
Per interventi su edifici esistenti differenti dai precedenti devono essere rispettate le trasmittanze limite previste dal 2021 nel D.M. 26 Giugno 2015 – App. B.

Legge 10 Edifici Pubblici: l’obbligo delle rinnovabili

L’obbligo di soddisfare almeno parte del fabbisogno energetico di un edificio mediante il consumo di energia rinnovabile viene introdotto con il D.Lgs 199/2021, che recepisce la Direttiva Europea 2018/2001. In realtà, questa misura non fa altro che aggiornare quanto era già stato previsto dal D.L. 28/2011.

Da Giugno 2022, quindi, tutti gli edifici privati di nuova costruzione o sottoposti a ristrutturazione rilevante devono coprire il 60% dei propri consumi energetici per la climatizzazione e per la produzione di ACS con energie rinnovabili. Nel caso di di edifici pubblici, l’obbligo sale al 65%. Si aggiunge, inoltre, un obbligo sull’installazione di una potenza elettrica degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, in relazione alla superficie dell’edificio. Anche in questo caso, per gli edifici pubblici, l’obbligo sul “rinnovabile elettrico” è incrementato del 10% rispetto alle altre tipologie di edificio.

L’evoluzione normativa ha visto crescere la percentuale prevista di rinnovabili in modo notevole, considerando che il D.L. 28/11 è partito nel 2012 e 2013 con un obbligo di copertura dei consumi previsti per la produzione di ACS, il riscaldamento invernale ed il raffrescamento estivo pari al 20% per il privato e al 22% per edifici pubblici.

Tra le deroghe al Decreto, oltre agli edifici sottoposti a tutela, c’è anche la possibilità di allacciarsi ad un impianto di teleraffrescamento e teleriscaldamento. Non è necessario soddisfare l’obbligo imposto di copertura con rinnovabili al 60%, purché si copra in questo modo l’intero fabbisogno energetico per riscaldamento e ACS.

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Ingegnere Edile/Architetto, laureatomi presso l’Università degli Studi di Pavia.
Svolgo l’attività di libero professionista, sono CTU presso il foro Alessandrino e mi dedico alle tematiche energetiche, all’impiantistica, alle fonti rinnovabili ed alla sostenibilità in edilizia.
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